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martedì 2 aprile 2019

La penisola di Gaspésie

A sud-est del Quebec, la penisola di Gaspésie (o Gaspé) è un angolo di Canada ricco di luoghi naturali, circondato dal golfo di San Lorenzo e dalla baia dei Calori.

Considerata un po’ la culla del Canada, visto che qui sbarcò nel 1534 l’esploratore francese Jacques Cartier, la penisola di Gaspésie è tutto un susseguirsi di laghi, di boschi e di piccoli villaggi rurali in cui il tempo pare essersi fermato. Ci sono spiagge e montagne coi ghiacciai, foreste e lunghi tratti disabitati. Perché è una zona poco abitata, questa, aspra e salvaggia. Ecco perché per un viaggio on the road è perfetta.

Per raggiungere la penisola di Gaspésie, trovandosi a Québec City, è necessario percorrere in auto i 250 chilometri di distanza; se invece ci si trova a Saguenay – città molto battuta per via del suo straordinario fiordo – si può prendere il traghetto da Les Escoumins a Trois-Pistoles, attraversando il fiume San Lorenzo. Terza possibilità, il volo interno da Montréal alla cittadina di Gaspé (con scalo a Québec City).

La località più turistica della zona è Saint-Flavie: qui ci sono alberghetti, ristoranti e – soprattutto – c’è il mulino che produce l’idromele, bevanda tipica che assaggiare è d’obbligo. Si parte poi in direzione del Parc national de Gaspésie, uno tra i parchi nazionali più belli e più visitati dell’intero Québec, con le montagne che circondano i laghi e una quiete che raramente si può trovare. Qui ci si può rilassare all’ombra dei suoi fitti alberi, passeggiare per i suoi sentieri oppure – se si è degli escursionisti esperti – arrampicarsi sul Mont Jacques Cartier.

Ma non è, questo, l’unico parco della penisola di Gaspésie. Se si vogliono avvistare le balene, ci si può dirigere verso il Parc National du Canada Forillon e raggiungere il Cap Bon Ami, il miglior punto d’osservazione. Un luogo di pace, prima di partire alla volta delle due cittadine più turistiche della penisola: Gaspé e Percé.

Ed è proprio a Percé che si può ammirare quel luogo che della penisola è il simbolo: il Rocher Percé, roccia forata che spunta dal mare, nel golfo di San Lorenzo. Si tratta di uno tra i più grandi archi naturali del mondo ad essere posizionati nell’acqua, ed è considerato uno dei simboli della ricchezza naturale e geologica del Québec. Oltre ad essere portavoce di affascinanti leggende.

Sono luoghi affascinanti, quelli che s’incontrano nella penisola di Gaspésie. Luoghi che, una volta tornati a casa, costruiscono indelebili ricordi.


(fonte: siviaggia.it)

lunedì 11 marzo 2019

La penisola di Gaspésie

A sud-est del Quebec, la penisola di Gaspésie (o Gaspé) è un angolo di Canada ricco di luoghi naturali, circondato dal golfo di San Lorenzo e dalla baia dei Calori.

Considerata un po’ la culla del Canada, visto che qui sbarcò nel 1534 l’esploratore francese Jacques Cartier, la penisola di Gaspésie è tutto un susseguirsi di laghi, di boschi e di piccoli villaggi rurali in cui il tempo pare essersi fermato. Ci sono spiagge e montagne coi ghiacciai, foreste e lunghi tratti disabitati. Perché è una zona poco abitata, questa, aspra e salvaggia. Ecco perché per un viaggio on the road è perfetta.

Per raggiungere la penisola di Gaspésie, trovandosi a Québec City, è necessario percorrere in auto i 250 chilometri di distanza; se invece ci si trova a Saguenay – città molto battuta per via del suo straordinario fiordo – si può prendere il traghetto da Les Escoumins a Trois-Pistoles, attraversando il fiume San Lorenzo. Terza possibilità, il volo interno da Montréal alla cittadina di Gaspé (con scalo a Québec City).

La località più turistica della zona è Saint-Flavie: qui ci sono alberghetti, ristoranti e – soprattutto – c’è il mulino che produce l’idromele, bevanda tipica che assaggiare è d’obbligo. Si parte poi in direzione del Parc national de Gaspésie, uno tra i parchi nazionali più belli e più visitati dell’intero Québec, con le montagne che circondano i laghi e una quiete che raramente si può trovare. Qui ci si può rilassare all’ombra dei suoi fitti alberi, passeggiare per i suoi sentieri oppure – se si è degli escursionisti esperti – arrampicarsi sul Mont Jacques Cartier.

Ma non è, questo, l’unico parco della penisola di Gaspésie. Se si vogliono avvistare le balene, ci si può dirigere verso il Parc National du Canada Forillon e raggiungere il Cap Bon Ami, il miglior punto d’osservazione. Un luogo di pace, prima di partire alla volta delle due cittadine più turistiche della penisola: Gaspé e Percé.

Ed è proprio a Percé che si può ammirare quel luogo che della penisola è il simbolo: il Rocher Percé, roccia forata che spunta dal mare, nel golfo di San Lorenzo. Si tratta di uno tra i più grandi archi naturali del mondo ad essere posizionati nell’acqua, ed è considerato uno dei simboli della ricchezza naturale e geologica del Québec. Oltre ad essere portavoce di affascinanti leggende.

Sono luoghi affascinanti, quelli che s’incontrano nella penisola di Gaspésie. Luoghi che, una volta tornati a casa, costruiscono indelebili ricordi.


(fonte: siviaggia.it)

giovedì 28 febbraio 2019

Joinville

In Brasile, nello Stato di Santa Catarina, esiste una città che ha in sé un po’ d’Europa. Perché? A fondarla fu un gruppo d’immigrati tedeschi, svizzeri e norvegesi.

È straordinaria, la storia di Joinville. Una storia che le telecamere del programma Tv Kilimangiaro hanno esplorato. Ha un nome francese, una popolazione che parla portoghese e uno stretto legame con la Russia (basti pensare che si trova qui una sede del Bol’šoj, la più celebre compagnia di danza classica al mondo), questa città dalle tante influenze.

Nel metà del Cinquecento, le acque della Baia de Babitonga erano considerate un approdo sicuro dai navigatori spagnoli e portoghesi che si contendevano il controllo del territorio oggi occupato dallo Stato di Santa Catarina, nel sud del Brasile. Fu così che un gruppo di coloni provenienti dalle Azzorre fondò qui, sull’isola maggiore della baia, São Francisco do Sul, una delle più antiche città del Paese che – ancora oggi – conserva un aspetto autentico. Come autentica è Joinville, a un’ora d’auto da qui.

A fare di Joinville una città unica, oltre alle sue diverse influenze, è la sua passione per il ballo. Ogni anno, alla fine di luglio, va in scena qui il Festival de Dança de Joinville, uno dei più grandi al mondo con migliaia di ballerini provenienti da ogni angolo del pianeta che, per le strade e negli edifici della città, danno vita ad esibizioni di danza classica e moderna, di hip-hop e di tip-tap. A novembre, invece, l’appuntamento è con la Festa das Flores, il festival dei fiori.

Tra le tappe imperdibili di una visita in città vi sono i suoi parchi: il Parque da Caiera, parte della Foresta Atlantica e con splendidi sentieri panoramici sulla Baia di Babitonga, e il Parque Ecológico Morro do Finder, coi suoi percorsi per il trekking e per la mountain-bike. C’è poi l’Estrada do Rio Bonito, una strada ricca d’elementi naturali e d’architetture germaniche, e la Rua da Palmeiras, con le palme che – trasportate da Rio de Janeiro nel 1873 – danno oggi vita a uno scenario da cartolina.

Perché Joinville è tutto fuorché scontata. Ed è un angolo di Brasile incredibilmente affascinante.



(fonte: siviaggia.it)

giovedì 7 febbraio 2019

Piriápolis

Tra le mete più ambite per una vacanza in Sudamerica, un posto d’onore spetta all’Uruguay.

Se i più si dirigono a Punta del Este (location scelta anche da Belen Rodriguez per il suo Capodanno), ci sono altre destinazioni che aspettano solo d’essere scoperte. Tra queste, vi è una città dalla storia curiosa. Una località balneare, legata all’Italia e che – il nostro Paese – un po’ lo ricorda: è Piriápolis, cittadina balneare sita sulla costa atlantica, ad un centinaio di chilometri da Montevideo.

Perché è speciale? Perché l’ha fondata un imprenditore e giornalista italiano d’origine – Francesco Piria -, prendendo come modello Diano Marina. Le due città, oggi, sono gemellate. E si somigliano pure un po’. Come la sorella ligure, Piriápolis gode di un clima mediterraneo. E a crearla è stato quel Piria visionario che, proprio a Diano Marina, fu mandato a studiare. La sua famiglia aveva origini e parenti in questa cittadina della riviera ligure, in provincia di Imperia, e qui lo mandò affinché potesse scappare lontano dalla guerra che, sul finire del 1840, mise a dura prova l’Uruguay.

Piria, nella sua vita, progettò ponti e alberghi, cave e ferrovie. Ma, soprattutto, ebbe la geniale intuizione: dar vita ad una località turistica su modello delle città balneari italiane, che diventasse una sorta di rifugio vacanziero per gli abitanti di Montevideo. E in effetti, fin dall’inizio, il suo successo fra i locali fu molto forte: grazie alla ferrovia (anch’essa un suo progetto), i montevideani erano soliti venire a Piriapolis in giornata, o durante il fine settimana.

C’era persino un monumentale albergo, l’Hotel de los Argentinos, che – eretto negli anni Venti – era per l’epoca decisamente all’avanguardia. Tuttavia, alla morte di Piria, la lotta per la sua eredità danneggio Piriápolis, presto sostituita da Punta del Este nelle destinazioni vacanziere preferite dagli uruguayani. Tuttavia, oggi, conserva un fascino impossibile da negare: il lungomare soprannominato “Rambla”, le colline a fare da sfondo che possono essere raggiunte con una seggiovia panoramica e che tanto ricordano la Riviera Ligure. E poi la casa di Piria, che è un vero e proprio castello, e quell’atmosfera dei tempi passati.

È talmente caratteristica, Piriápolis, che negli anni Settanta fu riscoperta dal jet-set. E frequentata a lungo da artisti del calibro di Ringo Starr, che qui aveva casa.



(fonte: siviaggia.it)

martedì 29 gennaio 2019

L’isola di San Andrés

Piccola isola colombiana al largo del Nicaragua, San Andrés è un vero e proprio gioiello dei Caraibi.

Famosa per le sue sabbie di spiaggia bianca, per l’acqua cristallina e per i resort all-inclusive, è parte di un arcipelago che comprende anche Providencia e Santa Catalina ed è un mix di influenze inglesi, latino-americane e creole. Ma è, soprattutto, il luogo perfetto in cui fare snorkeling.

Rispetto alle più celebri isole dei Caraibi e delle Bahamas, San Andrés è ancora fuori dalle rotte turistiche più battute. Ed è quindi il momento perfetto per visitarla. Sita a 750 chilometri dalle coste della Colombia e a 150 da quelle del Nicaragua, è separata dall’isola (più piccola) di Providencia da tre ore e mezza di navigazione.

Il suo eclettico mix di culture si deve alla sua storia travagliata: il suo territorio è stato di dominio della Spagna, della Gran Bretagna, dell’Africa e dell’Olanda, oltre che lungamente conteso tra Colombia e Nicaragua. Ecco dunque che, qui, si sentono parlare molte lingue. E che quel passato di cambiamenti si fa sentire nella sua architettura, nella sua cucina.

È un’isola ricca di cultura, San Andrés. La musica reggaeton riempie l’aria, e si fonde con le note della salsa, della musica calypso e del vallenato. Gli abitanti amano ballare, fare festa, sorridere alla vita. E amano decorare riccamente le loro case, spesso dipinte con colori sgargianti che rimandano alla solarità e all’allegria del luogo.

Tanti sono i festival che si susseguono durante l’anno, a cominciare dal Crab Festival che – l’1 gennaio – è tutto un trionfo di specialità a base di granchio e di musica dal vivo. Verso la metà di settembre, invece, il Green Moon Festival celebra la cucina locale, ed è ricco di eventi dedicati alla letteratura, alla storia, alla musica e ai balli di San Andrés. Da San Andrés, poi, si può andare in esplorazione delle altre due isole dell’arcipelago, Providencia e Santa Catalina. La prima, a metà strada tra Costa Rica e Giamaica, è la più grande: Santa Catalina è una sua isola “satellite”, e può essere raggiunta percorrente un ponte pedonale lungo 100 metri.

Perché San Andrés è sempre più amata? Perché è un luogo davvero paradisiaco, poco affollato, ricco di spot straordinari in cui fare snorkeling e immersioni. E con foreste tropicali in cui passeggiare, ammirando un ecosistema unico. Anche se, la principale attività, è proprio l’esplorazione della barriera corallina: la visibilità qui è fino a 30 metri, vive una straordinaria popolazione di mante e di coralli, e il mare è talmente splendido che – i locali – dicono sia fatto di sette colori.



(fonte: siviaggia.it)

venerdì 4 gennaio 2019

Palm Island

Le grandi masse di turisti la ignorano e questo è il grande vantaggio di Palm Island, piccolo assaggio di paradiso tra le 600 isole dell’arcipelago Grenadine.

Il web è un pozzo senza fondo d’informazioni, in grado di proporre sempre qualcosa di nuovo, emozionante e mai sentito prima in fase di preparazione di un viaggio. Ecco così saltar fuori dall’universo online la splendida Palm Island, a Grenadine, noto arcipelago caraibico di 600 isole. Una gemma da tutelare a ogni costo e della quale i visitatori abituali sono particolarmente gelosi. In questo sprazzo di paradiso non vi è stato alcun boom turistico e la speranza è che l’ambiente resti il più possibile incontaminato, com’è oggi.

Ad oggi è presente una sola struttura alberghiera in questo angolo dei Caraibi, il Palm Island Resort & Spa, e tutti gli amanti di quest’isola sperano che tutto ciò possa non cambiare mai. Sono così gelosi del perfetto status quo da guardare con profondo sospetto ai più piccoli cambiamenti, come l’introduzione di tv e Wi-Fi in più stanze (al momento soltanto quattro delle 43 presenti hanno tali servizi).

Per raggiungere le spiagge dell’isola è necessario imbarcarsi a Union Island e in breve ritrovarsi sul pontile a sorseggiare un cocktail di benvenuto. Acqua cristallina, palme e spiagge bianchissime, proprio come in una cartolina, ma soprattutto senza quel fastidioso rumore di sottofondo dato dalla presenza di un numero eccessivo di turisti. Il quantitativo di ospiti è, come detto, limitato, al punto che lo staff conosce personalmente ogni residente, come fossero amici di vecchia data. Tutto lo staff è altamente informale e su quest’isola si vive una vita serena, tra passeggiate e giri in bici. Non sono infatti consentite auto, garantendo la tutela del luogo. Per lo stesso motivo gli under 16 sono ammessi soltanto in certi mesi dell’anno, il che limita decisamente la vita notturna. Arrivare qui vuol dire sentirsi a casa grazie allo staff e rinascere grazie alle sensazioni provate tra panorami e senso di assoluto relax.

Tante le attività proposte, dal kayak alla vela, anche se sarà difficile non cimentarsi nell’esplorazione di ogni singolo centimetro d’isola. Un giro in bici dura circa 15 minuti, il che consente di visionare ogni spiaggia, per poi dedicarsi al lato più interno, dove si potrà ammirare anche un piccolo santuario delle tartarughe, dove vengono deposte le uova.Un paradiso lontano dal mondo dunque, che tutti dovrebbero provare ma che gli abituali proveranno a tenere ancora a lungo tutto per loro. Ed è facile capire il perché.



(fonte: siviaggia.it)

mercoledì 2 gennaio 2019

Tierradentro

Volete sentirvi come Indiana Jones? Basterà fare un salto in Colombia, recandosi a Tierradentro. Potrete mettere piede in antiche tombe in grado di resistere al potere del tempo.

L’Isola di Pasqua è celebre nel mondo ma non rappresenta il più ampio concentrato di statue monolitiche e monumenti religiosi. Per assistere a uno spettacolo davvero unico è necessario recarsi a Tierradentro, in Colombia, dov’è possibile ritrovarsi circondati da ben 162 tombe sotterranee, ottenute scavando nella solida roccia vulcanica. A Tutto ciò corrispondono in superficie più di 500 statue monolitiche, con funzione di tumuli funerari. Queste sono disseminate su di una superficie totale di 2mila km quadrati, tra montagne e altipiani nel sud della Colombia, circondando la cittadina di San Agustin, nella Valle Magdalena.

Tracce di una sconosciuta cultura pre-colombiana, in un luogo di dimensioni gigantesche, precluso ai visitatori durante in 50 anni di guerra civile. Oggi il pericolo è passato e la regione è al sicuro dalla guerriglia, il che vuol dire potersi cimentare nella caccia ai maestosi monumenti, nei siti che rientrano nel patrimonio dell’umanità, protetto dall’Unesco.

Il sito più impressionate e visitato è senza dubbio quello di Alto de Segovia. La discesa nel sottosuolo è impressionante, da far battere il cuore ma soprattutto conferendo quella sensazione incredibile di star mettendo piede in una pagina di storia. Come dei novelli Indiana Jones ci si ritrova dunque a fronteggiare giganteschi disegni geometrici, raffiguranti uomini e animali. Una lavorazione incredibile, con una tomba che, scolpita appositamente per dare l’idea di un tetto inclinati, presenta elementi di una casa in legno, tipicamente preispanica, che aveva l’obiettivo di preparare al meglio il defunto al passaggio da un’esistenza all’altra.

Gli scavi hanno avuto inizio negli anni ’30, eppure gli archeologi non hanno ancora idea di chi fossero gli abitanti di queste terre. Ciò che resta indica come la loro cultura sia fiorita splendidamente nel primo millennio, per poi sparire nel nulla, senza lasciare traccia. Ciò che oggi sappiamo ci lascia ipotizzare una loro scomparsa circa 600 anni prima dell’arrivo degli Spagnoli, dal 1530 in poi. A questi sono poi seguito i Nasa, una popolazione indigena che parla prevalentemente il pàez, una lingua Chibcha.

Arrivare in questi luoghi vuol dire ritrovarsi a fare un salto verso un altro tempo, in qualche modo rimasto intatto nonostante il trascorrere dei secoli. Un messaggio così forte da non risultare scalfito dalla potenza del tempo. Un culto funebre così radicato da affascinarci ancora, da fare appello a qualcosa di profondo e radicato dentro di noi. La morte non è la meta ma soltanto un ulteriore viaggio che ci attende.



(fonte: siviaggia.it)

giovedì 22 novembre 2018

Isole Aleutine

Alla scoperta delle isole Aleutine, tra America e Siberia, in un misto di culture, storia e panorami mozzafiato. Il sogno di ogni esploratore.

Gli amanti delle vacanze al limite adoreranno le Auletine. Si tratta di 14 grandi isole poste lì dove l’America ha termine e ha inizio la Siberia, affiancate da 55 isole minori e svariati isolotti. Un arcipelago di origine vulcanica, che gronda storia e chiama all’avventura gli odierni esploratori.

Pochi gli abitanti, che vivono in condizioni a dir poco particolari, considerando come l’arcipelago venga definito ‘La culla delle tempeste’. Sono circa 8mila le persone che abitano le 14 maggiori isole e le 55 minori, sopportando temperature tra i -6 e i 17 gradi durante l’anno. Il tutto corredato da vento, pioggia e nebbia, in un’atmosfera dal fascino spettrale.

Le Aleutine sono site nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico e la loro formazione è ancora profondamente in essere. La terra continua a tremare e i ben 57 vulcani sono ancora attivi, come dimostra il vapore che costantemente ne fuoriesce. Non proprio il luogo adatto per una vacanza per chi cerca spiagge e relax. Qui infatti le giornate serene, senza pioggia o nuvole, sono stimate intorno alle 8 in un anno.

Cimentarsi in quest’avventura vuol dire regalarsi un’esperienza unica. Enormi prati verdeggianti ricoprono incantevoli colline, dove potersi dedicare al trekking, fianco a fianco con volpi, caribù, capre di montagna e, non così di rado, cerci e orsi. Ricco di vita ovviamente anche il Pacifico, dal quale a volte sbucano balene, leoni marini, foche e orche.

Se trekking e pesca sono le principali pratiche sportive praticate, le Aleutine sono terreno fertile anche per scalatori, escursionisti, canoisti e surfisti. Mettere piede su una di queste isole vuol dire essere pronti a tutto ma soprattutto avere chiaro un concetto: rispetto per la natura. È lei infatti a dominare tutto, soprattutto in luoghi così estremi. All’uomo vengono imposte regole molto ferree e provare ad aggirarle potrebbe portare a un rischio vitale.

Per poter raggiungere le Aleutine è necessario affidarti all’Alaska Airlines, la PenAir o l’Aviation, con partenza da Adak o Anchorage. Via mare invece è possibile prenotare un biglietto per il ferry MV Tustumena. Cosa aspettarsi dalla popolazione? Un incredibile incrocio di culture. Il territorio è amministrativamente americano, eppure molti dei cognomi dei locali sono russi. Kodiak e Unalaska (le principali isole) vantano ad esempio due splendide chiese ortodosse, la cattedrale della Resurrezione e quella della Santa Ascensione. La lingua ufficiale è però l’inglese, dunque non farete fatica a farvi comprendere nel Mare di Bering. Se poi doveste conoscere un po’ di inuit, potreste avere un rapporto più diretto con le popolazioni più rurali.



(fonte: siviaggia.it)

mercoledì 17 ottobre 2018

Parque Nacional Volcán Poás

Chiuso per 16 mesi, il Parque Nacional Volcán Poás – gioiello del Costa Rica – riapre i battenti. E diventa meta imperdibile, per i turisti che visitano il Paese.

Con un nuovo sistema di prenotazioni on-line, e nuove misure di sicurezza, il celebre parco nazionale costaricano si è lasciato alle spalle l’eruzione vulcanica dell’aprile 2017, che lo costrinse a chiudere. Ed è tornato ad accogliere nuovamente i turisti, attratti dal suo straordinario paesaggio.

Trenta miglia a nord della capitale San José, il Parque Nacional Volcán Poás copre una superficie di 16.000 acri nella provincia di Alajuela. Per molto tempo, ha rivestito un enorme fascino tra i turisti per quel vulcano che custodisce nel cuore, ma anche per il suo essere un luogo facilmente accessibile per chi intende camminare nel mezzo della foresta, lontano dal caos della città. Oggi, la casa del Poás (uno dei 6 vulcani attivi del Paese), ha riaperto i battenti.

Dallo scorso agosto, si può infatti nuovamente varcare la soglia dello splendido parco. Un parco che è stato messo in sicurezza grazie all’impiego di sensori di fumo che, in tempo reale, avvertono i turisti circa la presenza o meno di gas tossici provenienti dal cratere. L’ingresso può essere prenotato anche online, attraverso un sito pensato proprio per una gestione più organizzata e controllata degli accessi: i turisti vengono ora suddivisi in gruppi da 50, e possono rimanere all’interno dell’osservatorio per 20 minuti al massimo. Il costo del biglietto? 13 euro.

Del resto, il Poás è da sempre uno dei luoghi naturalistici più visitati del Paese. E non solo perché è facile raggiungerlo, ma soprattutto per la sua suggestiva posizione circondata dalle foreste. Di natura basaltica e alto ben 2.708 metri, ha un diametro di 1.5 km e una profondità di 300 metri. Sul fondo è presente un lago dal quale si levano gas solforosi, mentre un secondo cratere (il Botos) ospita un altro lago dalle acque fredde.

Visitare il parco che protegge il cratere, oggi, è di nuovo possibile. Ed è un’occasione imperdibile, per vedere uno dei luoghi naturali più belli del continente americano (e non solo). Con quel brivido d’adrenalina che regala la consapevolezza che – quel vulcano – è ancora molto attivo.


(fonte: siviaggia.it)

mercoledì 3 ottobre 2018

Montana

Se c’è un posto dove l’autunno dà il meglio di sé questo è lo Stato americano del Montana.

Nel Nord-Ovest degli Stati Uniti, al confine con il Canada, questo Stato è preso d’assalto dai fotografi che vengono a immortalare i colori che vanno dal giallo al rosso intenso, passando per mille sfumature, del fall foliage.

Il Montana è tutto una ‘scenic byway’ ovvero una strada laterale che, dopo averla imboccata, regala panorami mozzafiato. L’una vale l’altra, ciascuna riserve bellissime sorprese e scenografie da cartolina.
Strade che si possono percorrere in auto, ma, per essere più ‘green’ e vivere meglio il contatto con la natura, anche in bicicletta o addirittura pagaiando su una canoa lungo le vie d’acqua.

Come in tutti gli Stati Uniti, qui gli spazi sono immensi. Immaginatevi dunque alla guida di un Suv su una strada serpeggiante e poco trafficata, attraversare boschi dai colori brillanti, tra paesaggi montani e praterie. Questa è l’immagine che si ha di un road trip nel Montana.

Per trovare le foglie dorate che si riflettono nelle acque cristalline di un lago basta prendere la strada scenografica Montana Highway 35 e la U.S. Highway 93 attorno al Flathead Lake. Seguendo questa strada si gira attorno al lago d’acqua dolce più grande che esista a Ovest del Mississippi River.

Puntando verso Est, si raggiungono oasi fluviali intatte e vasti paesaggi spennellati di arancio e rosso. Qui si possono imboccare strade meno frequentate e avventurarsi lungo la Kings Hill Scenic Byway per provare l’esperienza della struggente aspra bellezza della Lewis and Clark National Forest.

Chi cerca un itinerario attraverso picchi montuosi e panorami spettacolari, non dovrà perdersi la mitica Beartooth Highway. Qui con l’auto si sale letteralmente verso straordinarie vedute di cime oltre i 300 metri. Da Red Lodge si segue la highway a Ovest dello Yellowstone National Park dove abbondanti sono le opportunità d’avvistamento di bisonti, cervi e di altre specie allo stato brado.

Benché gli spazi siano enormi, c’è anche qualche itinerario da fare in bicicletta. Imboccando il Bitterroot Trail, un percorso pavimentato per due ruote nella Bitterroot Valley, circondato delle Bitterroot Mountains a Ovest e dalle Sapphire Mountains a Est, si attraverserà un percorso semplicemente ipnotizzante, con spettacolari vedute di picchi innevati, un fall foliage accesso e pittoresche cittadine.

A chi preferisce pedalare lungo i corsi d’acqua si consiglia di esplorare la Paradise Valley imboccando una sentiero ondulato lungo l’imponente Yellowstone River incastonato tra le due catene montuose torreggianti Gallatin e Absaroka Mountain. Dai pioppi dorati baciati dal sole ai pioppi americani fino alle maestose vette che si scorgono a distanza, questa vallata, come dice il nome, è un vero paradiso proprio in autunno.

Per una varietà perfetta di scenari autunnali, si può intraprendete un viaggio in bicicletta lungo la spina dorsale della Montagne Rocciose da Choteau ad Augusta. Tra le montagne selvagge e le foreste, i ranch e le fattorie, questa strada offre il meglio dei due mondi e regalerà indelebili ricordi.

Per toccare con mano i colori dell’autunno nel Montana si può infine scivolare sulle acque navigando su una canoa, proprio come facevano i nativi americani che per primi occuparono queste terre. Seguendo il percorso Clearwater River Canoe Trail nella Seeley-Swan Valley si può godere delle spettacolari panoramiche della valle, passando attraverso una laguna carica di salici che, d’autunno, si tingono di brillanti tonalità gialle.

Avventurandosi a Nord verso il Glacier National Park si naviga sulle limpide acque del Lake McDonald. Questo lago glaciale è meraviglioso in ogni stagione dell’anno, ma esplorarne le sue coste chilometriche in autunno è decisamente mozzafiato. L’impressionante contrasto di giallo acceso dei larici che punteggiano le foreste di cedri e pini regala, a chi rema sul lago in questa stagione, magnifiche vedute della natura e della fauna selvatica. È questo il quadro perfetto della autunnale vacanza nel Montana.


(fonte: siviaggia.it)

lunedì 24 settembre 2018

Uruguay

L’Uruguay “è uno di quei Paesi dove dovrebbero mettere delle porte di calcio alle frontiere. Quel Paese altro non è che un gran campo di football con l’aggiunta di alcune presenze accidentali: alberi, mucche, strade, edifici…”.

A dirlo è stato Jorge Valdano, ex calciatore argentino nonché Campione del Mondo con la Nazionale argentina nel 1986.

Ed è in Uruguay che si coltiva la ‘garra charrua’ ovvero quell’attitudine tutta uruguagia che porta i giocatori (ma tutta la popolazione in generale) a dare sempre tutto, anima e corpo, sempre, fino all’ultimo istante. Non esiste una traduzione, somiglia alla grinta ma è qualcosa di più.

Questo è uno dei tanti aspetti insospettabili di questo Paese del Sudamerica che, al contrario di Argentina, Brasile e Perù, non è mai tra le prime mete di viaggio, ma che dovrebbe esserlo.

Per esempio, non tutti sanno che anche in Uruguay si balla il tango, come in Argentina. Ma non solo: l’icona stessa di questo ballo, celebre in tutto il mondo, e cioè il brano musicale ‘La Cumparsita’, è nata a Montevideo, in Uruguay. ‘La Cumparsita’ nacque proprio nella Capitale e fu composta dal musicista uruguayano Gerardo Matos Rodriguez tra la fine del 1915 e l’inizio del 1916. Fu eseguita per la prima volta in assoluto in un bar al centro della città. Il nome stesso del brano fa riferimento a Montevideo in quanto nacque in occasione dei festeggiamenti del carnevale, come marcetta di una “comparsa” (gruppo mascherato) di studenti di Montevideo. Il più celebre brano di tango è stato quindi proclamato nel 1997 inno popolare e culturale uruguaiano. Ancora oggi i due Paesi, che confinano tra loro, si contendono la paternità di questo genere musicale, dichiarato dall’Unesco Patrimonio immateriale dell’Umanità.

E a proposito di carnevale, non tutti sanno che, se quello di Rio è il più famoso del mondo, quello uruguayano è il più lungo: dura ben 40 giorni. I festeggiamenti si aprono con una grandissima sfilata in costume, con musica e danze, per poi concludersi con un concorso. Le ‘Società di Negri e Lubolos’, chiamate anche ‘comparse’, sono i gruppi carnevaleschi che interpretano diversi ritmi musicali legati al tango e al ‘candombe’, un altro genere musicale tipico dell’Uruguay di origine africana accompagnato dai tamburi.

E poi c’è il legame che questo Paese ha con l’Italia che di cui pochi sanno. Infatti, in Uruguay c’è un pezzo di Piemonte. Si tratta di Peñarol, un centro abitato fondato da Giovan Battista Crosa, un emigrato arrivato da Pinerolo, in provincia di Torino, nel 1790. A distanza di anni è diventato un ‘barrìo’ di Montevideo dove la metà della gente ha origini italiane. Non vi è venuta voglia di andare alla scoperta di un Paese di cui si sa ancora così poco? Vi sentirete come a casa.


(fonte: siviaggia.it)

venerdì 21 settembre 2018

Tren de las Nubes

In Argentina, all’estremo nord-ovest del Paese, laddove i confini incontrano il Cile, sorge la provincia di Salta. Si trova qui, un percorso ferroviario dall’incredibile fascino. È il Tren de las Nubes, e sembra davvero che conduca dentro al cielo.

Lo scenario è quello, incredibile, della Cordigliera delle Ande. Qui, il Tren de las Nubes è in realtà la rampa C-14 della ferrovia Belgrano. Perché è chiamato così? Perché, in diversi tratti, il treno viaggia ad oltre 4000 metri dal livello del mare, permettendo ai viaggiatori di vedere le nuvole sotto i ponti o sui pendii. Un tempo, salire a bordo del Tren de las Nubes significava percorrere 217 chilometri, per un totale di circa 15 ore tra andata e ritorno, attraverso la spettacolare Quebrada del Toro. Oggi, seduti dentro le sue affascinanti carrozze si possono percorrere solamente 24 chilometri, da San Antonio de los Cobres al viadotto di ritorno La Polvorilla, col tratto da Santa a San Antonio del los Cobres (di andata come di ritorno) da percorrersi in autobus. Ma la magia dell’esperienza non cambia.

Due sono, dunque, le possibilità: si parte in bus dalla stazione di Salta, si raggiunge Alfarcito per la colazione, si prosegue verso la Quebrada de las Cuevas e la pianura di Muñano, per raggiungere San Antonio de los Cobres e salire qui a bordo del Tren de las Nubes. Questo conduce poi al Viadotto di La Polvorilla che, sito a 4200 metri d’altezza, è la più imponente opera d’ingegneria dello scorso secolo. Si fa poi ritorno a San Antonio e, da qui, si rientra alla città di Salta dopo aver fatto tappa a Santa Rosa de Tastil, col suo Museo de Sitio e l’interessante centro d’artigianato locale.

In alternativa, ci si può limitare al treno partendo direttamente dalla stazione di San Antonio de los Cobres, per regalarsi quell’ora di spettacolo in mezzo al cielo.

Fino al 31 ottobre, le partenze del Tren de las Nubes sono il martedì, il giovedì e il sabato; dall’1 novembre al 31 dicembre si riducono a due (martedì e sabato). Il costo del biglietto? 2850 Pesi Argentini per il tour che comprende autobus e treno, 1850 per il solo treno.


(fonte: siviaggia.it)

lunedì 3 settembre 2018

Gimli

È una cittadina piccola piccola, Gimli. Ha poco più di 2000 abitanti, e si trova nel cuore di quella zona del Canada che si è guadagnata il soprannome di “Nuova Islanda“. Perché? Perché furono proprio gli islandesi a fondarla.

Ad un’ora di macchina da Winnipeg, Gimli è stata fondata dagli immigrati islandesi alla fine del XIX secolo, ed è oggi abitata dai loro discendenti. Il suo nome la cittadina lo deve a Gimlé, il paradiso pagano dal tetto dorato: quando arrivarono a Willow Point, una piccola penisola che si origina da quello che oggi è il porto di Gimli, gli islandesi pensarono di essere per davvero, in paradiso. E scelsero quindi di stabilirsi qui.

Sulla costa sudoccidentale del lago Winnipeg, Gimli è circondata dagli alberi e affacciata su acque pescose. Ai coloni provenienti dall’Islanda, il suo territorio fu donato dal Governo del Canada e, fino a quando non venne annesso alla provincia di Manitoba, era dotato di una specie di autogoverno. Gli islandesi, che per secoli avevano vissuto sotto il dominio danese, ebbero qui la possibilità di costruire una società come la volevano loro. Dopo soli 9 giorni dal loro e senza che nessuna costruzione ancora ci fosse, gli immigrati scrissero agli abitanti della zona di voler aprire una scuola; due anni dopo, avevano una loro costituzione un loro quotidiano.

Ma perché gli islandesi scelsero di stabilirsi proprio qui? La frequente attività vulcanica, alla fine del 1800 ricoprì di cenere gran parte della terra d’Islanda, rendendo molto difficili le coltivazioni. Carestia e pestilenze erano all’ordine del giorno, e così i disordini politici: tra il 1870 e il 1900, 15.000 islandesi (il 20% della popolazione) lasciò quindi le sue case, ed emigrò in Nord America. Nel 1874, 350 di loro arrivarono a Kinmount, in Ontario, con la speranza di trovare lavoro nelle ferrovie. Non c’era però un impiego per tutti così, dopo un paio d’anni, molti islandesi scelsero di spostarsi nel nord di Manitoba, dove la terra era libera e si poteva pescare.

Lì, dove avrebbero presto fondato la loro nuova colonia, vivevano 60 indigeni nella località di Sandy Bar. Furono loro ad insegnare agli islandesi a pescare nel lago ghiacciato e ad andare a caccia. Nel 1876 erano oltre 2000 gli immigrati che vivevano qui, ma cinque anni dopo, un’epidemia di vaiolo colpì l’area: centinaia di persone morirono, e la colonia islandese fu messa sotto quarantena dal Governo. Di fatto, il resto del Canada la isolò. Ma, anche oggi che l’esperimento di una “nuova Islanda” autogestita è fallito, la cultura islandese continua a vivere.

Ogni primo weekend d’agosto si tiene persino un festival per celebrare l’origine del luogo, l’Icelandic Festival. E, ancora oggi, ogni mattina i discendenti dei pescatori islandesi preparano le loro barche nel porto di Gimli, per andare a pescare sul lago Winnipeg, mentre ovunque si può assaggiare una fetta di torta di prugne, che in Islanda è tipica della tradizione natalizia ma qui viene preparata tutto l’anno.


(fonte: siviaggia.it)

lunedì 27 agosto 2018

New York

Visitare New York non è affatto semplice, soprattutto se i giorni a disposizione sono pochi: la città è immensa, le cose da fare non si contano, le distanze tali da rendere una programmazione giornaliera indispensabile. Qual è dunque il modo migliore per vivere la Grande Mela, se non affidandosi ai consigli di chi – ogni giorno – la vive?

È stato lanciato su internet un sondaggio, rivolto ai newyorchesi, per invitarli a condividere con i turisti i loro suggerimenti: le attrazioni da non perdere, i migliori ristoranti, ma anche informazioni pratiche. Tutto è iniziato su Reddit, dalla richiesta di un utente in merito alle attrazioni più sopravvalutate e ai gioielli nascosti che – invece – non si dovrebbero assolutamente perdere.

Le risposte non hanno mancato di destare sorprese. Ad esempio, avete sempre pensato di dover salire sull’Empire State Building per avere la vista migliore sulla città? Sbagliato: dal Rockfeller Center, suggeriscono i locali, è decisamente migliore. Senza contare che è più economico salirci, e molto meno affollato. Perché regala il panorama più bello? Perché l’edificio è alto a sufficienza da dominare tutta New York, ma non alto a tal punto da rovinare la prospettiva.

Ma c’è chi suggerisce di evitarli entrambi a favore di un rooftop bar, che non ha costi di ingresso e che – in più – offre la possibilità di godersi la vista sorseggiando un buon drink. I migliori? Si trovano alla destra dell’Empire State Building, e al tramonto garantiscono magia.

In merito invece alla Statua della Libertà, un altro grande classico per chi decide di visitare New York, i locali suggeriscono una rotta alternativa. Salendo sul traghetto per Staten Island, dicono, si ha una vista splendida sulla Statua così come sullo skyline newyorchese. Fuori dalle solite scelte turistiche è infine l’East River Ferry, che costeggia numerosi parchi sulla riva e regala panorami inediti.

E per quanto riguarda il cibo? I più suggeriscono di uscire dai confini di Manhattan. Se si ama il cibo orientale, ad esempio, al posto di recarsi a Chinatown ci si può dirigere verso Flushing, dove si trova la più vasta concentrazione di ristoranti asiatici di tutta la East Coast.

Infine, le gemme nascoste di New York, quei luoghi che quasi mai il turista visita. I locali suggeriscono il Tenement Museum, sulla storia dell’immigrazione in città, e l’Irish Hunger Memorial, piccolo e splendido parco nel cuore di Manhattan, affacciato sull’acqua. Per una passeggiata alternativa al Central Park, invece, si può andare nel parco del The Cloisters, museo sito a Fort Tryon Park e dedicato all’arte medievale. Infine, i newyorchesi suggeriscono di regalarsi sempre un giro in metropolitana: spesso, i migliori artisti si incontrano proprio lì…


(fonte: siviaggia.it)

giovedì 23 agosto 2018

Bethel

Nello Stato di New York, all’interno della Contea di Sullivan, Bethel è famosa per aver ospitato nel 1969 il più famoso evento rock della storia: il concerto di Woodstock.

Oggi, questa cittadina rurale puntellata di aziende agricole ospita il Bethel Woods Center for the Arts. È questa la più significativa attrazione della città, oltre alla collina su cui Woodstock si è tenuto. Il museo, che si visita in un’ora e mezza, ospita un’esibizione permanente dedicata al concerto e tutta una serie di installazioni interattive, oltre a dare vita a numerosi eventi nel corso dell’anno.

Voluto da Alan Gerry, pioniere della tv via cavo e filantropo, Bethel Woods è nato in seguito all’acquisizione di quei 37 acri di terreno che furono, un tempo, location del festival di Woodstock; insieme a questi, Gerry comprò centinaia di altri acri nei dintorni, con l’obiettivo di creare un centro di arti per lo spettacolo di importanza mondiale. Oggi, il Centro continua il suo lavoro di ispirazione ed educazione dei giovani attraverso l’arte, mantenendo vivo il fascino del luogo su cui sorge e dando agli artisti la possibilità di esibirsi su di un palcoscenico leggendario, durante i concerti che periodicamente qui vengono organizzati.

Nei dintorni di Bethel, il paesaggio è prevalentemente rurale. Tra le maggiori attrazioni troviamo il Lake Superior State Park, con piccole spiagge in cui prendere il sole e aree per il pic-nic, e con la possibilità di noleggiare imbarcazioni per navigare le acque del lago. Qui può pescare, nuotare, ci si può rilassare nel cuore di una natura incontaminata.

A venti minuti da Bethel, si trova poi Liberty. Poco fuori dalla cittadina, il Walnut Mountain Park è il luogo perfetto per gli amanti degli sport outdoor. Sono oltre 13 le miglia di sentieri che ospita, adatte ad essere percorse a piedi, in mountain-bike, con le ciaspole durante la stagione invernale. E persino con gli sci per lo sci di fondo. E poi aree per il pic-nic, un campo da golf, da calcio e da softball e numerose aree gioco per regalare ai bambini splendidi attimi all’aria aperta.

Tuttavia, a Bethel ci si va soprattutto per Woodstock. Per respirare la sua atmosfera, che sembra aver avvolto quei luoghi in una coltre perenne, destinata a non svanire mai.


(fonte: siviaggia.it)

giovedì 9 agosto 2018

Windsor

Prima che si sapesse che Windsor, in Canada, è la cittadina dove è cresciuto Sergio Marchionne, nessuno ne aveva mai sentito parlare.

Eppure negli ultimi anni è diventata molto celebre proprio grazie a lui. Dopo gli anni della crisi statunitense, proprio grazie agli accordi tra FIAT e Chrysler (che ha sede a Detroit, proprio difronte a Windsor), la città ha avuto un boom incredibile. Sì perché a Windsor sono ubicate alcune aziende del gruppo automobilistico.

Windsor si affaccia sul fiume Detroit. Dall’altra parte si possono ammirare le luci dei grattacieli della metropoli statunitense.

La sua particolare posizione la rende la città più meridionale del Canada ed è l’unico varco di frontiera attraverso il quale, per entrare negli Stati Uniti, bisogna dirigersi a Nord anziché a Sud come avviene normalmente.

Per chi sceglie di fare un viaggio on the road attraverso il Canada o per chi desidera visitare Detroit, Windsor è la tappa migliore, specie d’estate, perché segna il confine tra i due Paesi nordamericani.

È una cittadina tranquilla (conta in realtà circa 400mila abitanti, ma per il Canada sono pochi), ci sono diversi hotel e bed and breakfast piuttosto economici dove alloggiare.

È stata nominata città d’arte, per questo motivo sono tantissimi musei e le gallerie d’arte in città. Sul lungofiume è stato creato il Windsor Sculpture Park, un museo a cielo aperto con 31 enormi sculture realizzate da artisti internazionali.

C’è anche un quartiere di ex fabbriche riqualificato lungo la Drouillard Road, chiamata Ford City, dove si possono ammirare bellissimi murales su tantissimi edifici. Proprio qui, infatti, nacque la cittadina di Windsor, un tempo chiamata Sandwich, nel 1904 e si sviluppò in quella che oggi è una delle mete più vibranti dell’Ontario.

Per scoprire la storia di Windsor una tappa obbligata è quella al museo cittadino, che racconta la storia e la crescita di una città fondata sull’industria, dalla costruzione della ferrovia alla nascita della Ford.

Windsor è circondata dall’acqua. Oltre al fiume Detroit, in mezzo al quale spunta la Peace Fountain, l’unica fontana galleggiante al mondo che, di notte, regala bellissimi giochi d’acqua. ha alle spalle il gigantesco lago Erie, che in realtà è il più piccolo dei Grandi Laghi dell’America settentrionale, ma è comunque il 13° lago più grande del mondo. Il suo unico emissario è il fiume Niagara, dove si trovano anche la celebri cascate del Niagara: per veder meglio lo spettacolo delle cascate del Niagara, tra Usa e Canada, bisogna stare sul lato canadese. Sul lago vale la pena visitare il Point Pelee National Park, il punto più a Sud del territorio canadese, con tante spiaggette dove prendere il sole d’estate.

Alla destra di Windsor c’è poi il lago St Clair, decisamente molto più piccolo, e che confina in parte con lo Stato del Michigan. È un lago balneabile molto frequentato d’estate dove vengono organizzate regate e tantissime attività.


(fonte: siviaggia.it)

mercoledì 8 agosto 2018

Saranac Lake

Non solo New York, o le cascate del Niagara: lo Stato di New York nasconde angoli ancora inesplorati, lontani dalle mete turistiche classiche e forse proprio per questo ancora più incantevoli. Tra loro, un posto d’onore lo riveste Saranac Lake.

Sulla sponda settentrionale del Lake Flower, nascosto tra le Adirondack Mountains, ha iniziato ad attrarre i primi visitatori alla fine del XIX secolo. Qui le persone ci arrivavano per scappare dalle affollate città della East Coast, ma anche – se affette da tubercolosi – per respirare aria buona prima di sottoporsi alle cure antibiotiche. In seguito, iniziò ad essere scelto come destinazione per le vacanze dagli abitanti di New York, cosa che ha conferito a Saranac Lake un’atmosfera cosmopolita.

Ricca di storia, di bellezze naturali e di deliziose specialità gastronomiche, l’area di Saranac Lake ha negli anni attratto vip e letterati, e continua oggi ad essere meta di un turismo d’élite. Tuttavia, raggiungerla non è semplicissima: la più vicina stazione della Amtrak è a Westport, New York, e da qui si può prendere poi uno shuttle fino al vicino Lake Placid, che dista circa 20 minuti e da cui partono numerosi taxi.

Una volta giunti a Saranac Lake, ci si può dedicare a lunghe passeggiate nella natura oppure allo shopping. I malati che giungevano qui iniziarono a dedicarsi all’arte e all’artigianato, e quella tradizione prosegue ancora oggi: la città è piena di negozi e gallerie in cui acquistare manufatti in legno, dipinti, gioielli realizzati a mano e sculture, ma anche candele e cibo tipico.

E poi, si possono visitare luoghi imperdibili come il Saranac Laboratory Museum, che racconta dell’epoca in cui qui ci venivano i malati di tubercolosi, e dedicarsi alle attività outdoor: al Saranac Lake ci si arrampica, circondati da un panorama straordinario (il posto giusto per iniziare è Mount Baker), si guardano le partite di hockey, si cammina lungo la Wild Walk, la risposta alla Highlane di New York. E ci si può spingere fino a Lake Placid, casa delle Olimpiadi Invernali nel 1932 e nel 1980.


(fonte: siviaggia.it)

martedì 7 agosto 2018

Long Island

Se pensate di andare a New York e trascorrere una vacanza visitando la Grande Mela, potreste avere il timore di non riuscire a trovare un posto dove staccare la spina. Una pausa, anche solo di poche ore, potrebbe essere un toccasana prima di riprendere il vostro itinerario per una delle città più stimolanti e caotiche del mondo. Ebbene, a una manciata di km da Manhattan c’è un’intera isola che fa al caso vostro, separata dal continente solo da un sottile braccio di mare.

Si tratta di Long Island, un luogo che potrebbe regalarvi enormi sorprese nel caso in cui decideste di trascorrerci un fine settimana, senza allontanarvi troppo da New York. Anzi, è raggiungibile direttamente da Manhattan grazie a sette ponti e due tunnel.

Lunga 193 km e più abitata dell’Irlanda, questa isola che nel XIX secolo rappresentava il rifugio ideale per industriali, artisti e poeti della New York Bene, ha mantenuto intatto il suo fascino anche a distanza di quasi 200 anni. Caratterizzata da splendidi parchi e quartieri residenziali che sembrano tratti dai romanzi classici degli States, qui potrete ad esempio imbattervi nell’Oheka Castle. Situato a Huntington, questo castello eretto negli anni ’10 del Novecento è la seconda residenza privata più grande della nazione, una sorta di contemporanea Versailles d’America di 127 stanze e 10,100 m2 di estensione. Per darvi l’idea del peso di questo luogo per la cultura americana, è stato di ispirazione per la residenza del Grande Gatsby nell’omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald. Se invece preferite visitare la “Casa Bianca estiva”, andate al Sagamore Hill, villa in stile vittoriano voluta nel 1885 dal presidente Theodore Roosevelt in persona. Qui troverete anche un museo dedicato alla sua incredibile famiglia.

In tema di importanti residenze, poi, da queste parti troverete quelle di Walt Whitman e Jackson Pollock (quest’ultima presenta ancora macchie di vernice sul pavimento del laboratorio). Per respirare un’autentica atmosfera anni ’20 ci sono invece i palazzi di Sands Point Preserve, il Vanderbilt Museum e la Frick Estate dove si trova il Museo d’Arte della contea di Nassau, tutti gioielli ancora visitabili e che trasudano storia. Il Vanderbilt Museum ospita tra l’altro uno dei principali planetari del Nord America e un imperdibile museo di storia naturale e vita marina.

Sì, marina. Perché non si può andare a Long Island prescindendo da una delle sue principali fonti di attrazione: le spiagge. A partire da Long Beach, da sempre il mare preferito della gente di New York. Raggiungibile dal centro cittadino in soli 50 minuti grazie alla Long Island Rail Road, questa cittadina dal passato glorioso si è ripresa dopo anni di oblio e ora brulica di bar e ristoranti adatti a una clientela giovane e cosmopolita. E il vicino Jones Beach State Park vi permetterà di nuotare e fare surf in una straordinaria spiaggia oceanica.

Esiste anche un’alternativa per chi preferisce la quiete della campagna: è la Long Island’s Wine Country, territorio attraversabile in bicicletta e avvolto dai vigneti, dove potrete scegliere tra 30 diverse cantine, pittoreschi porticcioli sul mare e ristoranti di altissimo livello. Consigliati i piatti a base di zucca: è il tipico prodotto locale, tanto che ogni anno è anche al centro di una festa che attira un pubblico fedele e gioioso.


(fonte: siviaggia.it)

giovedì 26 luglio 2018

Québec

È una provincia canadese, il Québec, la più estesa per superficie e la seconda per popolazione dopo l’Ontario. Ma, più che altro, è una sorta di nazione dentro la nazione, caratterizzata da lingua, cultura e istituzioni a sé.

Colonia della Francia per oltre due secoli, il Québec appartiene al Canada francese: qui, nell‘unica regione del Paese in cui l’inglese non è la lingua ufficiale, le persone sono francofone, e gli anglofoni una minoranza riconosciuta dalla legge.

Ma cosa può vedere il turista che sceglie di recarsi nel Québec? Da una visita a Montréal e a Québec City fino all’osservazione delle balene sul fiume San Lorenzo, dalle partite di hockey sul ghiaccio sino alle cascate di Montmorency, tante sono le attività e le escursioni che qui si possono organizzare.

Una visita in Québec non può prescindere da almeno un giorno trascorso a Québec City, capitale della regione. Sita sulle rive del fiume San Lorenzo, è un vero e proprio distretto storico: la sua fondazione risale al 1608, il suo centro fortificato è di origine coloniale e i monumenti che valgono una visita sono molti.

Passeggiare tra il Vieux-Québec e la Place Royale significa camminare in strette vie, a fianco di caratteristici edifici in pietra, per raggiungere i luoghi simbolo della città: l’hotel Château Frontenac, che somiglia a un enorme castello, la Citadelle of Québec con la sua storia, la cattedrale di Notre Dame de Québec, che risale al XVII secolo e che ospita al suo interno un baldacchino dorato. E poi, poco fuori dalla città, il Montmorency Falls Park con le sue splendide cascate, immerse in una natura rigogliosa.

Anch’essa sita sul fiume San Lorenzo, Montréal è in genere la città da cui i viaggiatori partono per andare alla scoperta delle meraviglie del Québec. Il suo nome deriva dal Mont Royal, la montagna a tre punte sopra cui è stata costruita, e il suo territorio è tutto da scoprire.

Ed è proprio dalla cima della collina del Mont Royal che si può godere di un panorama straordinario sulla città, coi monumenti in lontananza e uno skyline che abbraccia alla perfezione la storia e il futuro. Un soggiorno a Montréal non può prescindere da una visita al suo Giardino Botanico, il terzo più grande del mondo, da una passeggiata per le vie della Città Vecchia e da qualche minuto trascorso all’interno della Basilica di Notre Dame, un vero e proprio gioiello dell’architettura neogotica.

Per chi fosse in cerca di mete fuori dalle classiche rotte turistiche, è possibile organizzare un giro alla scoperta delle tante opere di street art che affollano la città oppure assistere a un’esibizione del Cirque du Soleil, il cui quartier generale si trova proprio poco fuori dal centro.

Tanto ha da offrire, il Québec, anche agli amanti della natura. Sito nell’Oceano Atlantico, il Golfo di San Lorenzo collega quest’ultimo ai Grandi Laghi tramite il fiume San Lorenzo, che sfocia al suo interno. Nel suo cuore si trovano le Isole della Maddalena, un arcipelago in realtà più vicino alla Nuova Scozia e all’isola del Principe Edoardo.

Per visitare questa dozzina di isole, con le loro splendide spiagge e un mare in cui d’estate è possibile fare il bagno, si può navigare ogni giorno dalla città di Souris e, una volta alla settimana, da Montréal e Chandler. Una volta raggiunte, si possono organizzare poi tutta una serie di escursioni alla scoperta della natura selvaggia.
Per chi ama gli sport invernali, il Québec offre un luogo davvero imperdibile: è Mont-Tremblant, la destinazione perfetta, in inverno, per vacanze sci ai piedi. Se d’estate si presta per escursioni a piedi e in bicicletta, e per giorni di relax circondati dalla natura, è infatti d’inverno che Mont-Tremblant si trasforma in una meta turistica per appassionati sciatori e snowboarder da tutto il mondo.

Qui si può sciare tra i chilometri di piste da sci, ma si possono anche organizzare escursioni e praticare numerose attività: uscite sulle slitte trainate dai cani o sulle carrozze coi cavalli, dune buggy, percorsi in fatbike, arrampicata sul ghiaccio, pesca d’altura. Una miriade di proposte, per grandi e piccini.



(fonte: siviaggia.it)

giovedì 12 luglio 2018

Hamilton

Quando pensiamo al posto più caro in cui vivere ci vengono subito in mente città come Dubai, Montecarlo o New York, veri paradisi per ricchi. Secondo l’Indice del Costo della vita Numbeo, il posto dove il costo della vita è il più alto al mondo è invece Hamilton, la capitale delle isole Bermuda. Scopriamo cosa vedere in questa piccola isola dell’Atlantico appartenente al territorio britannico.

Hamilton è situata sulla Main Island, l’isola principale di tutto l’arcipelago delle Bermuda ed è stata scelta come capitale solo nel 1815, quando fu preferita a St. George, che non godeva di una posizione così favorevole.

Una delle prime cose da vedere è Fort Hamilton, che permette di avere una vista a 360 gradi su tutta la città. Questo è un antico forte usato per difendere la città durante le guerre di secessione ma oggi c’è un bel giardino pubblico dove passeggiare godendosi il panorama.

Il posto ideale per le passeggiate è però il Giardino Botanico, che si trova proprio nei pressi di Fort Hamilton. Non molto distante, vi è il Masterworks Museum of Bermuda Arts, un museo dove sono esposte opere riguardanti l’arcipelago delle Bermuda e su come viene percepito nelle altre parti del mondo.

Il monumento storico più importante è la Cattedrale anglicana della Santissima Trinità, costruita in stile neogotico e risalente al 1844. L’altro edificio religioso presenti è la Cattedrale di Santa Teresa di Lisieux.

Il cuore della città è formato da un reticolo di strade dove trovare negozi per fare shopping, ma anche la Sessions House, l’attuale sede del Parlamento e della Corte Suprema delle Bermuda.

Front Street, il lungomare che si anima di persone che cantano e ballano a tutte le ore del giorno e della notte è un altro dei motivi per cui la qualità della vita sull’isola è così alta. La gente ha sempre voglia di far festa e di divertirsi e ogni occasione è buona per far partire le danze.

Nella zona dell’aeroporto, ci sono le Crystal Caves, grotte naturali spettacolari con stalattiti di varie dimensioni, alcune simili a cristalli.

Per raggiungere Hamilton bisogna atterrare al Bermuda International Airport, situato a Saint David’s Island, nella provincia di St. George, a circa mezz’ora dalla capitale. I voli quotidiani sono circa una quarantina, provenienti soprattutto da USA, Canada e Londra.


(fonte: siviaggia.it)